CARIM 2, VITALI E GNASSI IN TRIO CON MAGGIOLI MOLLANO PASQUINELLI: RIPROPONE ANTICHE LOGICHE
“Chiediamo un chiarimento rispetto all’eventuale scostamento dagli obiettivi originari di ‘fondazione su nuove basi’ della Carim, nonché sulle intenzioni che ha la banca nel sostenere quanti e quali programmi a favore dell’area riminese”. Il presidente della Provincia, Stefano Vitali, il sindaco di Rimini, Andrea Gnassi, e il presidente della Camera di commercio, Manlio Maggioli, entrano a voce unisona nelle polemiche sul nuovo cda della Carim ‘scommissariata’. Il 27 settembre l’assemblea straordinaria dei soci Carim arriverà a votare tra le polemiche: quelle attorno a una ‘grande’ esclusa (la figlia dell’ex presidente Alfredo Aureli) e un incluso scomodo (Matteo Guaitoli, si dice, amico del vescovo).
“Senza volere aprire il capitolo delle responsabilità e della guerra intestina che ha condotto la Carim a un passo dal fallimento, ottemperando al nostro ruolo pubblico ci siamo giustamente fidati nella fase del ‘salvataggio’ delle costanti rassicurazioni del Presidente Pasquinelli. Camera di Commercio, Provincia e Comune di Rimini hanno creduto e condiviso nella necessità di aprire una fase nuova nel rapporto tra istituto bancario e territorio, ricostruendo un clima di fiducia (anche con i commissari) basato finalmente su trasparenza e rigore dell’azione, premialità al merito e alla competenza piuttosto che all’appartenenza o alla cooptazione particolare, coinvolgimento vero delle Istituzioni, dei piccoli soci e in generale della comunità nelle scelte di un istituto di credito che ha un peso indiscusso sulle dinamiche lavorative e imprenditoriali del territorio. Per questo è stata sostenuta in ogni sua fase ed elogiata l’operazione di ricerca dei capitali, anche nonostante gli esiti distanti da quanto preventivato”.
Adesso però i tre hanno cambiato idea. “Quanto accaduto nelle ultime settimane, segna però un’inversione di rotta rispetto a tale percorso lealmente sostenuto e condiviso. Come Enti soci siamo stati costretti a prendere atto senza alcun coinvolgimento e a giochi pressoché fatti delle decisioni prese dal cda della Fondazione Carim. Ciò rischia di mandare in mille pezzi un clima sin qui positivo, fondato essenzialmente sul duplice impegno della trasparenza e della elisione di quell’equilibrio armato e paralizzante che poi si è rivelato la concausa dei gravissimi problemi della banca. Il tutto aggravato da un elemento nuovo e indiscutibile: se a detta di tutti il salvataggio lo si è dovuto anche (soprattutto?) allo sforzo dei piccoli azionisti, degli imprenditori, delle categorie economiche, come si concilia ciò con la riproposizione delle antiche e esclusive logiche? La banca è ‘cosa di tutti’ fino al momento della ricapitalizzazione ma torna ‘cosa di pochi’ un secondo dopo?”.
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